Regole di vita quotidiana in Inghilterra

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    Se c'è una cosa di cui vado fiera di me stessa è la mia capacità di adattamento. Senza di quella probabilmente non sarei dove sono ora e non avrei fatto le cose che ho fatto in questi anni all'estero.

    La capacità d'adattamento la vedo un po' come quella dote che ti permette di sopravvivere una volta lasciata la cosiddetta comfort zone, fatta di abitudini, facce conosciute, appoggi, aiuti e sicurezze.

    E' una delle qualità che aiutano per vivere serenamente all'estero.

    La capacità d'adattamento all'estero passa anche attraverso l'acquisizione delle regole del luogo, sia scritte che non scritte.

    Sembra una frase banale, ma non lo è.
    Ci sono regole scritte, soprattutto in questa parte di mondo, che bisogna rispettare.
    Parlo della burocrazia, fatta di richieste, moduli, domande, tempestiche che vanno rispettate.

    Parlo delle regole per immigrare in Inghilterra, che sono cambiate dopo la Brexit.
    Parlo delle regole civili, dei cartelli stradali e le regole della strada, dei divieti che vanno rispettati.

    Me ne sono accorta subito con la questione "iscrizione a scuola" per i bambini, chi mi segue nel blog da tanto conosce le avventure (disavventure da un certo punto di vista!) affrontate nei primi mesi qui in Inghilterra.

    Ricevo spesso mail da italiani, pronti a espatriare in Inghilterra, che mi chiedono palesemente come falsificare i moduli, come evitare di seguire le regole scritte delle iscrizioni, magari dicendo che si risiede da un amico con i bambini, o facendo venire i bambini prima con un volo e poi rimandandoli in Italia a finire la scuola, ma fingendo e dicendo che sono comunque in terra inglese, insomma robe che solo a pensarci mi viene il mal di testa.

    Ho sentito italiani lamentarsi perché gli automobilisti inglesi non si fermano per farti attraversare la strada. Poi alla mia domanda "ma eri sulle strisce?", la risposta è stata "no!" e allora la lamentela non vale più!

    L'eccezione è una cosa gestita molto male da queste parti. C'è una sorta di regola non scritta, che si basa sul fatto che tutti devono contribuire al rispetto delle regole.

    Un po' come quando si fa la coda e tutti sanno che devono rispettarla.
    Se ci sono le strisce per attraversare, tu pedone, usi quelle e, io automobilista, mi fermo.

    Se la scadenza per una domanda era quella determinata data, se arrivi dopo ti arrangi.

    Questo per dire che la capacità d'adattamento qui in Inghilterra passa attraverso la conoscenza delle regole scritte, delle procedure e l'accettazione di esse. Lo shock culturale è inevitabile, ma risolvibile.

    Ci siamo adattati facilmente alla loro burocrazia.
    Una burocrazia snella, esplicita, qualche volta non del tutto "condivisibile", ma per lo meno sempre spiegata nel dettaglio dai siti internet governativi o locali.

    Se segui il procedimento non sbagli.

    Questo vale per la registrazione della macchina italiana in UK, vale per la richiesta della patente inglese, vale per la registrazione al registro elettorale del comune in cui viviamo, vale per l'iscrizione a scuola, vale per la registrazione dal medico di base, vale per la domanda di rimborsi, vale per la dichiarazione dei redditi e via dicendo.

    Poi ci sono le regole che io chiamo "non scritte", quelle che impari con la quotidianità, impari immergendoti nella vita di tutti i giorni in mezzo agli inglesi, nella scuola inglese, nella cultura inglese e che mi affascinano tantissimo.

    E' stimolante scoprire modi di fare diversi e in parte farli diventare propri.

    Alcune regole nascoste mi fanno sorridere, di altre non potrei più farne a meno, altre ancora non le capisco, ma le rispetto.

    Provo ad elencarvi alcune delle regole di vita quotidiana qui in Inghilterra. Vanno prese con le pinze, con empatia, con tanta apertura mentale e magari un po' di autoironia.


    Keep left/Keep right

    Capita molto spesso in Inghilterra di trovare cartelli che dicono keep right/keep left (tenere la destra/sinistra) per invitarti a tenere un determinato lato del percorso o delle scale mobili in una stazione, per esempio, per lasciare passare gli altri controcorrente o permettere, a chi è di fretta, di sorpassarti agevolmente.

    Adoro il flusso delle stazioni, adoro il camminare composti uno dietro l'altro, mantenendo sempre quella specie di bolla intorno a te, che fa sì che nessuno ti tocchi o spinga.
    Una cosa che solo chi l'ha provata può capire.

    E se il cartello "keep left/keep right" non c'è?

    Ecco, non è che possiamo fare come ci pare, si cerca sempre di lasciare spazio al prossimo.

    E' buffo e piacevole vedere come, camminando sul marciapiede, si cerchi di mantenere la destra o la sinistra già metri e metri prima di incrociare l'altra persona.

    Qualche volta mi sono trovata a spostarmi a destra e a sinistra, perché il passante in arrivo faceva uguale e non riuscivamo a capire da che parte metterci.
    Ci siamo sorrisi e salutati, tenendo il nostro lato.

    E' fastidioso vedere chi si pianta nel mezzo del marciapiede senza curarsi del prossimo, succede anche in questa parte di mondo ovviamente, ma è più raro che in altre parti.


    Mani a posto e rispetto dello spazio personale

    Ho imparato dai miei sbagli che le mani vanno tenute a posto.
    Il mio toccare spesso le persone non combacia con i modi di fare inglesi.
    La pacca sulla spalla, la toccatina al braccio, l'abbraccio impulsivo possono essere fuori luogo nella cultura inglese.

    C'è una sorta di distanza fisica da tenere con il nostro interlocutore che è giusto rispettare, una distanza fisica sicuramente più ampia di quella che si tiene in Italia, questione di privacy credo.

    Per noi italiani, che usiamo le mani per comunicare, è uno sforzo non da poco imparare a parlare senza fare chissà quali piroette con le mani.
    Sia io che i bambini ridiamo sempre tanto con questo video che riassume un po' il gesticolare italiano, visto dal punto di vista degli inglesi.


    Gratitudine

    Il thank you (grazie) è d'obbligo per tutto. E' una delle prime parole che i bambini imparano e non c'è occasione in cui non venga aggiunto alla fine della frase.
    Un po' come il please (per favore), che viene detto centinaia di volte al giorno e non deve mai mancare quando si chiede qualcosa.

    Ma la gratitudine non è solo espressa da quelle due parole.
    La gratitudine passa attraverso altri mezzi.
    Uno di questi sono le thank you card, delle cartoline per dire grazie.

    Una persona ti fa un favore, una persona dedica il suo tempo per aiutarti, la thank you card è d'obbligo. Avevo dedicato un post intero ad alcune riflessioni sull'importanza del mio tempo.

    La thank you card viene data per ringraziare del regalo di compleanno qualche giorno dopo la festa, ne avevo parlato qui.
    Poi ci sono i doni: quel mazzo di fiori per ringraziarti dell'invito, la scatola di cioccolatini per ringraziarti d'aver preso tu il figlio a scuola, il voucher per ringraziarti d'aver insegnato a cucinare a suo figlio.

    Niente viene lasciato al caso. Non mi è mai successo che il mio tempo non avesse avuto valore per le amiche inglesi, che ho incontrato in questi anni. I favori sono sempre stati contraccambiati rapidamente.
    Forse me le sono scelte bene, forse sono stata fortunata, ma è così.

    La gratitudine la vedi nei sorrisi degli anziani che mi capita di incontrare ed aiutare al supermercato.
    La gratitudine la vedi nell'automobilista che lasci passare prima di te nella strada stretta e ti alza la mano per ringraziare.
    La gratitudine la vedi in colui per il quale hai tenuto la porta aperta dietro di te.

    Non so, forse sbaglio nel chiamarla gratitudine, forse è solo educazione che mi è capitato tante, troppe volte di non trovare in altri luoghi e questo me la fa apprezzare ancora di più qui.


    How are you? Fine, thank you

    Ci sono diversi livelli di conversazione con gli inglesi, a seconda dell'interlocutore.
    Una cosa che è stata subito lampante, nei primi passi in questa società, è stata la cortesia e la facilità di saluto delle persone che si incrociano quotidianamente, questo secondo la mia esperienza nella zona in cui viviamo.

    Da una prima fase di "good morning" siamo passati al "how are you?". Le prime volte, per me, quel "how are you?" era una palla da prendere al volo per chiacchierare e raccontare; poco dopo ho capito che era una forma cortese che non doveva per forza evolvere in una conversazione intensa.

    Ed adesso mi ritrovo a incrociare mamme, scambiarci dei calorosi e solari "how are you today?" "Fine, thank you and you? "Fine thanks"….sorriso, e via!
    E rido dentro di me, come magari ci ridono gli inglesi stessi, che per questo hanno un ottimo senso dell'umorismo fatto proprio dalla capacità di prendersi in giro.

    Ovviamente non è così con tutti gli inglesi.
    Ci sono persone con le quali mi fermo a chiacchierare tranquillamente ed il dialogo va al di là di questi convenevoli, ma questo per dirvi che a un semplice "how are you?" meglio rispondere con un semplice "fine, thank you", per lo meno se non si conosce bene la persona!


    La coda è sacra

    Ah quanto amo le code! Amo questo modo educato di attendere il proprio turno rispettando chi è arrivato prima di te.

    Qui non si fa la coda composta solo alla cassa del supermercato inglese, in posta, alla biglietteria, in stazione o alla fermata del bus, nei bagni pubblici o ai musei; qui si fa la coda rispettosa anche quando, per esempio, i genitori vanno a riprendere i bambini dalla gita o da un evento a scuola, in spazi magari molto grandi come l'ingresso di una scuola.

    La coda è qualcosa per la quale gli inglesi si prendono in giro da soli e dei quali sono consapevoli d'esserne fissati.
    Io la adoro, sono diventata un po' inglese in questo. Da notare che l'unico luogo in cui non viene rispettata la legge della coda è il bancone del pub.


    L'educazione

    Uno degli stereotipi del popolo britannico è il loro essere educati ed è in parte vero (essendoci una grande varietà di classi sociali è da notare che le classi sociali più basse fanno un po' da eccezione).

    Il "sorry", "please", "thank you" sono ripetuti allo sfinimento.
    Mi è capitato di parlare con amiche inglesi del fatto che anche quando qualcuno di deve mandare a quel paese o darti una brutta notizia, lo fa con una gentilezza ed educazione spiazzante!


    Il tono della voce

    Lo ammetto, il mio tono di voce si è decisamente abbassato in questa parte di mondo. Nei luoghi pubblici, durante pranzi o cene a casa di amici, per strada, è difficile trovare persone che parlino con il tono di voce molto alto (tranne al pub o nei quartieri più degradati).

    E' una forma di rispetto per chi sta intorno a te, al quale magari non importa niente di sentire cosa stai dicendo e per chi parla è una forma di mantenimento della propria privacy.

    Difficilmente ho visto mamme gridare ai propri bambini al parco giochi, nemmeno in situazioni nella quali a me sarebbero saltate le corde vocali!

    Queste sono solo alcune delle regole nascoste in questa parte di mondo, con le loro diverse sfaccettature e eccezioni.
    Ovviamente non sono regole scritte e sono frutto della mia percezione della realtà e della mia esperienza personale, ma anche di un'attenta lettura di uno dei libri più utili per gli espatriati in Inghilterra: Watching the English. (#ad)


    Ascolta l'episodio del Far and Away podcast



    Se volete approfondire altre tematiche relative alla vita in Inghilterra, qui trovate il mio libro dedicato alla vita da genitore:

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