Sono reduce da un interessante "coffee morning" a scuola organizzato per i genitori che hanno l'inglese come lingua addizionale (EAL, English as Additional Language).
Eravamo in tanti: io e la mia amica giapponese conosciuta al corso della scorsa estate, tante mamme indiane, una francese, una turca, una finlandese, due cinesi, una coreana e un papà pakistano. Come sempre un bel mix.
Ognuna con la sua storia, ognuna con il suo accento, ognuna con la sua personale esperienza di bilinguismo con i figli.
Avevo già partecipato a questi incontri, li trovo interessanti e ben organizzati ed allo stesso tempo sono un modo per scoprire altri approcci al bilinguismo, diversi dal mio, e magari imparare pure qualche trucchetto per rafforzare la lingua madre o dare una spinta alla seconda lingua.
Sono rimasta colpita dalla passione, direi quasi accanimento, di una mamma francese che ha definito "una vera e propria lotta" il suo non permettere all'inglese di prevalere sul francese e di come cerca di evitare in tutti i modi di frequentare gli inglesi al di fuori degli impegni scolastici ed invece di ritrovarsi tra famiglie della stessa nazionalita' per mantenere la loro lingua madre e le loro tradizioni.
Io non riesco a vederla in questo modo, non la vedo come una lotta, ma un naturale processo linguistico del quale i miei figli e noi come famiglia siamo protagonisti.
Ci sono tanti punti diversi, tanti modi di vivere la vita all'estero. Io non sono venuta qui in Inghilterra per chiudermi in una cerchia di italiani (cosa fattibilissima vista la quantità di connazionali in zona!).
Non mi arrendo dietro al luogo comune degli "inglesi sono freddi" o "gli inglesi sono chiusi". In parte mi adatto, in parte cerco di capire. In questi mesi sto leggendo un bellissimo libro "Watching the English", scritto da un'antropologa inglese, che ha vissuto diversi anni all'estero e che in maniera brillante cerca di analizzare e spiegare gli inglesi. Prometto che appena riesco a finirlo ve ne parlo!
Tutto questo per dire che, nonostante la mia voglia ed il mio impegno per mantenere la lingua italiana e le nostre tradizioni, facciamo di tutto per integrarci, per sentirci parte di questa societa', contribuendo nel rispetto delle regole, dell'accettazione dei loro modi di fare, che non devono essere per forza copiati, ma nemmeno criticati fino allo sfinimento.
Non ho paura che i miei figli perdano l'italiano, anche quando il "sorpasso" avverra' non mi abbattero', ma non andro' nemmeno a cercare di chiudermi nel "mondo italiano" per non farglielo perdere.
La lingua e le tradizioni passano sufficientemente attraverso noi, nel nostro nucleo famigliare.
I bambini hanno promesso ai nonni di scrivergli una letterina a settimana. Non parliamo di email o messaggi whatsapp, ma di una vera e propria comunicazione epistolare, alla vecchia maniera. I bambini sono gia' tutti gasati all'idea di ricevere le lettere di risposta del nonno (e' lui il "poeta" di casa!) e di beccare gli errori che fara' (il nonno sardo ha qualche problemino con le doppie!).
Parallelamente tengo veramente tanto al fatto che i miei figli e noi ci integriamo.
Per loro e' quasi una passeggiata.
Per noi adulti non e' altrettanto facile, devo essere realistica, socializzare non e' semplice, nemmeno per me che sarei capace di parlare con i sassi.
Rispetto il bon ton inglese, resto discreta e vado avanti per la mia strada pronta per nuovi incontri.