La nostra vita in Inghilterra ai tempi del Brexit



Incertezza. 

Questa la prima parola che mi salta alla mente se penso al Brexit. 

Da quel 23 giugno 2016 è stato un susseguirsi di interrogativi, passi avanti e passi indietro, passi incerti (mi riferisco al governo non ai nostri passi!) fino ad arrivare a questo fatidico 2019 dove nessuno ha ancora capito bene cosa succederà. 


Oggi non sono qui a parlare di politica, non sono una persona competente in questo campo, ma sono qui per raccontare il nostro punto di vista di famiglia italiana in Inghilterra. 

Siamo arrivati qui nell'estate del 2014 carichi di sogni, speranze e aspettative. 

Tante aspettative sono state soddisfatte, tanti sogni realizzati non senza fatica e la speranza di poter continuare a chiamare "casa" questa luogo rimane forte e chiara.

Abbiamo la fortuna di vivere in un'area multiculturale, dove nelle scuole dei miei figli ci sono bambini di tante nazionalità diverse, dove per il referendum ha avuto la meglio il "Remain" e dove dal punto di vista sociale non abbiamo notato nessun cambiamento dopo il referendum. 

Abbiamo la fortuna di avere tanti amici inglesi, che ci vogliono bene, che sono affezionati a noi e ai nostri figli e che fanno di tutto per rassicurarci con i loro "It will be fine"
Andrà bene, lo speriamo davvero, ma non lo crediamo al 100%. 

Dal punto di vista della nostra quotidianità non è cambiato nulla: nessuno ci tratta in maniera diversa, riceviamo gli stessi servizi, mio marito continua a ricevere offerte di lavoro interessanti, paghiamo le stesse tasse, ci muoviamo liberamente, nessuno ci ha detto "andatevene via!"

Spesso mi è stato chiesto da conoscenti italiani "allora, ve ne dovete andare via dall'Inghilterra con il Brexit?!".
Non è proprio così e non sono questi i termini. 

C'è una determinata procedura da fare per dichiarare il nostro stato di diritto di poter rimanere qui legalmente che abbiamo completato qualche mese fa (tutte le informazioni sono in questo link https://www.gov.uk/settled-status-eu-citizens-families), una procedura che inizialmente era a pagamento e che dal 30 marzo 2019 è gratuita (una delle tante cose che via via sono cambiate in questi mesi di passi avanti, passi indietro, passi incerti).

Il nostro modo di affrontare tutta questa situazione è stato  ed è "non allarmiamoci prima del dovuto" (in parte ne avevo parlato in questo post scritto nell'autunno 2016), non abbiamo un "piano B" in caso di "disastro Brexit", ma cerchiamo razionalmente di osservare, capire e vedere come si metteranno le cose. 

Non manca la rabbia, nostra, di amici stranieri e di tanti amici inglesi, per quello che sembra essere un grosso errore e un gran casino difficilmente gestibile da qualunque governante. 

Alla rabbia si aggiunge la paura per l'incertezza.

La paura che questo paese che aveva un'economia forte e stabile si trasformi in qualcos'altro. 
La paura che una volta definito questo Brexit la gente si trasformi in razzista e incazzata con lo straniero (cosa che secondo le news è già accaduta in alcune zone del Regno Unito ma intorno a noi per fortuna ancora no).

La paura che il futuro che ci prospettavamo pieno di opportunità per noi e per i nostri figli non sia più all'orizzonte.

Poi ci sono loro, i nostri figli, con le loro paure, le loro domande (del loro modo di vedere le cose avevo parlato in questo post scritto di getto subito dopo il referendum del 2016). 

Martedì 15 gennaio il caso ha voluto che uno dei miei figli,  Daniele, che frequenta l'ultimo anno di primaria qui in Inghilterra, sia stato in visita alle Houses of Parliaments con la sua classe, il parlamento a Londra, un giorno che ricorderanno per sempre, credo, vista l'importanza del voto per l'approvazione del "Brexit deal" di quello stesso giorno. 
Daniele mi ha raccontanto dei manifestasti con i cartelloni e loro grida davanti a Westminster, mi ha detto del camion che faceva avanti e indietro davanti al parlamento con sopra la scultura di quattro teste di mostri "di cui uno la May mamma!!!" che diceva "Brexit is a monstrosity" e siamo andati a cercarlo insieme su google e l'abbiamo trovato in Instagram:

Le altre teste sono di Boris Johnson, Michael Gove e David Davis.

La sera di quel martedì siamo stati tutti e cinque incollati davanti alla televisione a guardare la diretta dal parlamento, con il commento di Daniele che ci spiegava cosa aveva visto lui e di cosa avevano parlato. 

Il "Brexit Deal" non è stato approvato e da lì l'incertezza più assoluta sul semplice "e adesso?" dei bambini. 

Da lì un vortice di domande, emozioni, preoccupazioni, perché i nostri figli non sono esclusi da tutto ciò ma ne sono i principali protagonisti da un certo punto di vista. 
A molte delle loro domande non sono riuscita a rispondere, perché io non so cosa accadrà e non posso mentire ai miei figli. Li ho rassicurati che nessuno ci manderà via, che Babbo ha un buon lavoro, che abbiamo comprato una casa e che non ci cacceranno. 

E' la loro generazione che subirà le conseguenze più forti di queste scelte dei politici al comando, bambini stranieri e bambini britannici, tutti gli adulti di domani.
Nella loro mente di bambini abituati alla diversità, abituati a condividere il banco di scuola con bambini di ogni nazionalità, abituati a giocare con chiunque, a fare lavori di gruppo cogliendo il meglio dell'uno  e dell'altro e a non vedere "barriere" o limiti di sorta, per loro è inconcepibile il bisogno di "chiudersi", di fare differenze tra inglese e non inglese, di definire un'uscita da un'Europa che per loro è un mondo di opportunità tutto da scoprire.

Per aiutare i miei figli a capire meglio tutto il processo Brexit e le ragioni dietro a questa scelta dei britannici sono corsa in aiuto. Amo parlare chiaro con loro ma amo farlo con i termini giusti. 
Ho fatto delle ricerche per trovare articoli adatti alla loro età e nel sito FocusJunior ne ho trovato uno (vi lascio qui il link se siete alla ricerca di un articolo sul Brexit spiegato ai bambini). 
Non mancano poi i testi per adulti che spiegano il Brexit, come questo di Domenico Cerabona, oppure il libro "Brexit Blues" scritto dal corrispondente del TG1 a Londra. 
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In casa FarAndAway è un argomento caldo che sta facendo avvicinare i bambini al mondo della politica e della democrazia. 

Ci attendono mesi intensi, di incertezza ai massi livelli e quel "it will be fine" mi rimbomba in testa. 
Confido nel popolo britannico, nonostante tutto, e spero che riescano a trovare un senso a tutto ciò e un modo per andare avanti e continuare a costruire un futuro solido per la nazione, di cui noi ci sentiamo parte, nonostante tutto!


Tutti gli articoli relativi alla Brexit potete trovarli qui.
Mentre qui trovate l'articolo relativo alle nuove regole dell'immigrazione per trasferisti in Inghilterra dopo la Brexit.



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