Era il 19 agosto del 2014, l'appartamento in affitto era stato chiuso e la chiave restituita all'agenzia immobiliare di Antibes, i nostri mobili e i nostri scatoloni erano in transito tra Francia e Inghilterra, sulle nostre spalle due zaini e 5 trolley da tirare, BabboFarAndAway aveva un contratto di lavoro nella City di Londra e per mano avevamo i nostri tre figli di 4, 6 e 8 anni con un carico di aspettative, grinta e voglia di essere felici, pronti a viaggiare verso Londra.
Non che prima di quella data non fossimo stati felici, anzi, ma diciamo che la vita in Francia non era quella che avevamo sognato per la nostra famiglia e il desiderio di andare alla ricerca di qualcos'altro ha fortunatamente prevalso.
In questi casi il nostro avere "radici fragili" ci ha permesso di cambiare facilmente e rimetterci in gioco, senza piangerci addosso, senza avere rimpianti, senza troppa malinconia e consapevoli della fortuna che abbiamo del poter scegliere liberamente dove provare a mettere radici .
Quel giorno e quel viaggio dall'Italia (dove avevamo fatto tappa per salutare le nostre famiglie e riprendere energie dopo gli ultimi giorni difficili in Francia) a Londra ce lo ricorderemo per sempre.
L'emozione di guardarci negli occhi, sentire che stavamo facendo un grande passo, la gioia del cambiamento e l'energia positiva di noi e dei nostri figli era nell'aria.
Ripenso all'intensità emotiva con cui abbiamo vissuto quel periodo, consapevoli che la nostra energia era carburante per i nostri figli, alle difficoltà incontrate all'inizio, agli scalini percorsi insieme e alla resilienza nostra e dei nostri bambini.
Non prendetemi per matta, ma qualche volta sento un po' la mancanza dei brividi di quel periodo, della gioia della novità, della voglia di costruire qualcosa di nuovo, di nostro, di unico.
Sono passati un po' di anni da quel giorno e ci sentiamo a casa qui in Inghilterra.
Sto per scrivere la frase retorica che non posso evitare "ma com'è possibile? Il tempo è volato"
Siamo arrivati qui con 3 figli che non parlavano una parola di inglese, che mi abbracciavano all'altezza della pancia e che ora mi guardano dritto negli occhi senza nemmeno dover mettersi in punta di piedi e ci stendono con la loro pronuncia British (pure un po' posh devo dire, dicono sia dato dal fatto che viviamo nel Surrey!) e riescono a passare dall'italiano all'inglese come se niente fosse.
Siamo arrivati qui sistemandoci in una minuscola casa in affitto e dopo anni siamo riusciti a esaudire il nostro sogno d'avere una casa nostra.
Siamo arrivati qui con un lavoro nella City per BabboFarAndAway, che a dirlo così suona figo, ma in pratica era una faticaccia per lui che doveva passare buona parte della sua giornata tra treno e metropolitana, per noi che lo vedevamo poco durante la giornata e per il budget famigliare, se si considera il costo esorbitante dei trasporti pubblici inglesi.
Dopo sacrifici, duro lavoro e grazie al suo desiderio di cambiare, finalmente, da qualche anno, lavora da casa per un'azienda americana che lo fa viaggiare ogni tanto nella sua amata Silicon Valley (fino a che non è arrivato il Covid!).
Siamo arrivati qui con la giusta dose di preoccupazione per i nostri figli e per come sarebbero riusciti a inserirsi in un contesto nuovo e adesso questi tre ci stupiscono ogni giorno di più con la loro adattabilità, resilienza e capacità di analisi e consapevolezza multiculturale (come sanno analizzare loro le varie sfaccettature delle tante culture con cui hanno a che fare ogni giorno è incredibile!).
Siamo arrivati qui con la voglia di integrarci e piano piano, in punta di piedi, con empatia e rispetto ce l'abbiamo fatta.
E' stato facile sentirci a casa, perché la vita qui era quella che volevamo.
L'essere venuti in esplorazione in Inghilterra un paio di volte e l'aver fatto mille ricerche online su tutti gli aspetti della vita qui ci hanno aiutato a scegliere la zona giusta per noi in cui vivere e stabilirci (se volete approfondire tutti gli aspetti della vita da genitore in Inghilterra e del bilinguismo vi consiglio il mie libri).
Gli anni in Irlanda ci hanno indubbiamente permesso di arrivare a questo espatrio preparati: alcune cose sono simili (ecco, non diciamo che gli inglesi sono simili agli irlandesi perché entrambe le parti potrebbero "impermalosirsi", per usare un eufemismo!).
Parlo del clima (dopo gli anni nella piovosissima Irlanda, il clima qui c'è sembrato molto meglio!), parlo della lingua (qualche differenza di pronuncia ma ci siamo!), parlo del guidare nel lato sinistro della strada, parlo degli orari e abitudini, parlo della burocrazia e delle regole, parlo della distanza da casa (anche se avere l'Eurotunnel a portata di mano ci permette di raggiungere l'Italia via terra, qui la nostra prima volta in macchina in Italia dall'Inghilterra).
Il mio amore per l'Inghilterra, per le belle persone incontrate, per i luoghi incredibili visitati, per le sue tradizioni che abbiamo fatte nostre, l'ho raccontato via via nella pagine di questo blog da quel giorno.
Ah quell'amore, un amore quasi cieco direi, anche per colpa della mia tendenza al vedere sempre il bello e il bicchiere mezzo pieno, al nostro modo di accettare differenze culturali con il giusto senso critico e la giusta empatia.
Ed eccomi qui, a scrivere di un amore che adesso è ferito, arrabbiato ed ha paura. Un amore che in parte rispecchia un po' le fasi dell'espatrio di cui avevo parlato qui.
Il Covid ha fatto venire a galla tante, troppe cose che non conoscevo (o forse in parte non volevo vedere?) di questo paese.
Chi mi segue nel blog probabilmente l'avrà intuito, leggendo il post scritto di getto all'inizio della pandemia qui in Inghilterra.
Dall'inizio della pandemia qui in Inghilterra è stato palese come questo governo non riuscisse a gestire la situazione. Ma non voglio di certo stare qui a parlare di politica, non sono competente a riguardo e lascio questi discorsi ad altri.
Voglio parlare di noi, italiani all'estero, di come ci siamo sentiti, di quanto è stata dura vivere questa pandemia "due volte", con il pesante carico emotivo. Prima con il nostro paese, piangendo insieme a loro i morti di questa tragedia e poi qui, con la paura dell'inadeguatezza di chi ci governa.
Questa paura rimane, anche dopo mesi, non passa.
Alla paura di unisce allo stupore ogni volta che apro i siti di news inglesi, cercando di leggere diverse testate giornalistiche per avere una visione più chiara dei casini che succedono qui.
Alcuni miei connazionali in Inghilterra hanno affermato che la politica inglese sta provocando lo stesso grado di disgusto di quella italiana. Non posso non condividere.
La paura si fa grande al pensiero che questa nazione che abbiamo scelto come casa, come nostra, non riesca a prendersi cura e proteggere i suoi cittadini, inclusi i tanti, tantissimi stranieri che vivono regolarmente qui e che contribuiscono positivamente alla crescita di questo paese.
Il bisogno di proteggere l'economia, di far tornare i numeri è impellente e non guarda in faccia nessuno.
Non guarda in faccia nemmeno i milioni di studenti, bambine che a inizio settembre torneranno sui banchi di scuola con regole poco tutelanti per la salute.
Le linee guida del governo sono state pubblicate e le scuole hanno inviato ai genitori le loro specifiche linee guida; le presidi e lo staff scolastico stanno facendo un lavoro immenso e estenuante per seguire queste linee guida e garantire sicurezza ai loro studenti e insegnanti.
Le linee guida del governo non prevedono distanziamento.
Per le scuole non son previsti fondi extra.
Non è previsto il metro di distanza tra un banco e l'altro.
Non è prevista mascherina.
Faranno delle cosiddette "bubbles" (bolle) di "Year Group" (gruppo di classi), per farvi capire mia figlia Paola interagirà con i suoi 30 compagni e gli altri 60 delle altri 2 classi di quinta. Insomma la sua bolla sarà di 90 persone.
Mai e poi mai avrei pensato di scrivere uno di questi post d'anniversario d'espatrio sentendomi così avvilita, arrabbiata e delusa. E, lasciatemelo dire, il Brexit peggiorerà tutto questo, fatico a vedere un miglioramento.
Questa pandemia ha fatto esplodere tutti i problemi latenti di questa nazione, come probabilmente di tante altre: la problematica dei bambini vulnerabili e delle famiglie disagiate, la terribile differenza di classi sociali, la fragilità di NHS (sistema sanitario nazionale inglese) con un governo che non lo sostiene, le case di cura "abbandonate" dal governo, il numero spropositato di senzatetto (i numeri parlano di più di 300.000) e tanti altri.
Sto facendo uno sforzo immenso per tenere vivo quell'amore profondo, per non farmi schiacciare dai brutti pensieri che mi invadono la testa, per continuare a usare un giusto spirito critico e la giusta dose di comprensione, ma ho dei momenti in cui il pensiero è "vogliamo davvero invecchiare qui?", "è questo il posto giusto per noi 5?".
Attendevamo questo anniversario un po' con impazienza, da oggi potremmo iniziare le pratiche di richiesta della cittadinanza inglese (avevamo anche iniziato a studiare per ottenere il passaporto britannico su questo testo #ad). E' da un po' che ci pensavamo. E adesso?
Anche questo passo è in dubbio.
Ci sentiamo come "sospesi" e credo sia una sensazione comune di tanti di noi italiani all'estero.
Ci sentiamo in questo "limbo" in cui è bene stare calmi e attendere che la bufera passi prima di prendere decisioni importanti.
Ci sentiamo in "stand by" in attesa di poter tornare a vivere la nostra vita con la stessa intensità con cui la vivevamo prima, con la stessa grinta, con lo stesso entusiasmo. Per adesso mi sento solo un po' sospesa in questa esistenza troppo diversa e irreale.
Se vi interessa leggere altre riflessioni relative all'espatrio in Inghilterra, qui trovate altri articoli:
- 10 cose da fare per ridurre lo shock culturale
- Le difficoltà relative al sistema sanitario nazionale inglese
- Quello che non mi piace della vita in Inghilterra
- Qualità che aiutano in espatrio
- Le cose imparate in questi anni di vita in Inghilterra
- Aggettivi per definire il mio espatrio
- La casa dov'è?
- L'inizio del mio espatrio