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Quando le foto, il planisfero e le stampe vengono tolte dai muri e avvolte nella carta a pallini, é fatta e una strana malinconia mi avvolge.
So che ci faremo in quattro per riattaccare il più in fretta possibile le nostre cose alle pareti delle nuova casa, che non sappiamo ancora dove e come sarà.
Siamo al cartone numero 13 del nostro trasloco dalla Francia all'Inghilterra ed è solo l'inizio. Il cambiamento per i bambini comincia a farsi sentire, forte e chiaro.
Io e BabboFarAndAway siamo al settimo trasloco in 10 anni ed è incredibile come le nostre cose siano lievitate. Ovvio, direi, visto che nel 2004 eravamo in 2 e adesso siamo in 5! Abbiamo fatto un ottimo lavoro di selezione, donazione e vendita di tante delle nostre cose e stiamo traslocando davvero con lo stretto necessario.
In tutto questo trambusto dell'organizzazione di un trasloco internazionale, i bambini ci stanno sorprendendo.
Ci affiancano, si rendono utili e vogliono assolutamente essere coinvolti.
Sono tre, di tre età diverse, con tre caratteri completamente all'opposto che stanno reagendo a questo cambiamento attraversando le diverse fasi di un trasloco così importante.
La prima fase è stata quella dell'esplorazione.
L'estate scorsa li abbiamo portati ad esplorare Londra, l'Inghilterra del Sud e il Surrey a bordo di un camper a noleggio, una bella avventura direi!
E' stato durante quella vacanza che abbiamo testato il terreno facendo domande del tipo "vi piacerebbe venire a vivere qui?".
Paola con i suoi 3 anni, era ancora troppo piccola e non ha espresso troppo il suo parere.
Daniele, 6 anni, ci ha detto "Sì, mi piace, veniamo a vivere qui in camper?".
Lorenzo, 8 anni, il più grande e forse il più riflessivo ha detto "Bello qui, sono tutti gentili con i bambini, ma io a scuola non capirò niente!".
Gli abbiamo fatto notare tutte le cose positive di un eventuale vita qui in Inghilterra per noi: le piste ciclabili, gli spazi verdi, la cortesia della gente, Legoland, i bambini ovunque, le mega librerie, le casette a due piani con il giardino, senza accennargli delle possibilità lavorative, della burocrazia snella e del rispetto delle regole, argomenti per loro ancora sconosciuti.
La seconda fase è stata quella del prendere consapevolezza, dopo avergli comunicato che BabboFarAndAway cambierà lavoro e andremo a vivere a Londra.
Paola, con la sua spontaneità, ha detto "Andiamo a Legoland?!". Con i suoi 3 anni si adatta in fretta, le basta avere intorno il suo Babbo e la sua mamma e i suoi fratelloni ed è fatta.
Dani l'ha presa peggio, piangendo un po' e disperandosi talmente tanto che, dopo diversi approcci, sono riuscita a farmi dire il perché : "Io mamma nella scuola dove parlano inglese non ci voglio andare perché non capirò niente, la maestra urlerà e mi sgriderà perché io non capirò!".
Non ci vuole molto ad immaginare come sia stato trattato da alcune maestre qui in Francia e la sua paura è comprensibile, spero e prego che capiti con maestre pazienti e comprensive.
Lori l'ha presa abbastanza bene, la voglia di scoperta che lo caratterizza lo aiuta in questo, anche se un po' di paura ce l'ha pure lui per il discorso scuola nuova.
Non sanno cosa li aspetta, perché a parte aver visto un po' di Londra ed essere stati a Legoland, non hanno visivamente presente cosa vuole dire vivere in Inghilterra.
Ed ecco la fase tre, quella della visualizzazione dell'ignoto.
Noi adulti, per primi, possiamo aver paura di quello che non conosciamo.
Quanti di noi non compiono certi passi perché bloccati, immobilizzati dalla paura del "nuovo" del "non conosciuto" preferendo rimanere aggrappati a quelle sicurezze che "il conosciuto" ti dà?
I bambini sono come noi.
I bambini sono dei piccoli adulti sensibili che hanno bisogno d'essere rassicurati e sono pieni di domande che esigono risposte.
"Mamma ma quando andremo a Londra chi saranno i nostri nonni?" (Dani)
"Mamma a Londra mi pitturi il letto rosa?" (Paola)
"Mamma nella scuola a Londra io prenderò tutti zero perché non capirò niente, come faccio?" (Lori)
"Babbo, ma perché al posto di portare tutti questi cartoni a Londra non li portiamo in Italia che lì parlano tutti italiano?" (Dani)
"A Londra vivremo in un camper?" (Dani)
Per fargli chiarezza, per rassicurarli, li coinvolgo nelle mie ricerche.
Hanno guardato con me i siti internet di alcune scuole, hanno guardato insieme a me gli annunci delle case e hanno chiacchierato insieme a me con una nuova amica che il web mi ha "regalato" che vive già in Inghilterra.
Queste vacanze scolastiche ci stanno aiutando a "staccare" dalla routine francese e rendere, forse, il passaggio alla vita in Inghilterra meno doloroso.
I bimbi riempiono con noi i cartoni, fanno a botte per chi deve scrivere il numero del cartone per primo, decidono loro cosa mettere via e cosa tenere a portata di mano fino alla fine.
I momenti di nervoso non mancano - "perché mamma oggi mi sgridi tanto?" mi ha detto Paola ieri facendo salire il mio senso di colpa.
Noi siamo contenti, non smettiamo mai di far vedere ai bambini il lato positivo di questo cambiamento, senza sminuire le loro paure, lecite, ma aiutandoli a credere in loro stessi e nelle loro capacità d'adattarsi e d'imparare una nuova lingua.
Ce l'hanno fatta qui in Francia e con il francese e ce la faranno anche lassù.
Ci vorrà tempo, pazienza, costanza e tanto sangue freddo - per me soprattutto che li vedrò piangere e lamentarsi mentre li porterò a scuola.
Non sono pessimista, ma realista, conosco i miei figli e so che faranno leva sul mio senso di colpa per averli messi in quella situazione nuova, ma so anche che tireranno fuori tutta la loro resilienza.
Il trasloco, il cambiamento non mi spaventano.
Mi spaventa solo il lato emotivo dei miei figli, la parte più difficile da gestire e controllare di un trasferimento internazionale.
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