Storia di bambini resilienti

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    Ci sono periodi intensi, emozionanti, carichi di cose da fare, progetti da seguire, impegni da mantenere e che richiedono costanza e pure un pò di fatica.

    Questo è uno di questi periodi ed ammetto che comincio ad essere stanca e sentire il bisogno di staccare, di fermarmi e non pensare più a niente.

    Ovvio, avrei potuto farlo prima, ma devo avere una sorta di sindrome del "facciamo sempre di più" che mi porta ad impegnarmi in mille cose e a non tirarmi mai indietro, anzi a buttarmi sempre avanti.

    Mi sono lanciata subito in avanti quando, leggendo la mail inviata dalla vice preside della scuola inglese dei miei figli, ho pensato "posso andare!".

    La mail diceva più o meno così:

    "Dal 12 al 16 Giugno sarà la settimana in cui parleremo del "Keeping Safe and Well" (stare bene, mentalmente e fisicamente ed essere al sicuro da abusi, maltrattamenti etc.), focalizzando l'attenzione sulla resilienza così che i bambini apprendano come affrontare le difficoltà quotidiane o quelle future.

    Vorremmo che i bambini sentissero storie di vita vera nelle quale siete stati resilienti. Se avete esperienze da raccontare siete caldamente invitati a farlo: storie di cambiamenti (cambio di scuola, nazione, etc..), problemi con la scuola, con gli amici, di malattie e sarebbe bello sapere anche come li avete affrontati ed il successo che avete raggiunto."

    Storie di cambiamenti? Eccoci!

    Ho contattato subito la vicepreside ed ho dato la mia disponibilità per raccontare la nostra storia, la storia dei miei bambini, una storia di resilienza sicuramente.

    Si sente tantissimo parlare di resilienza, soprattutto in questi ultimi anni e soprattutto riferita ai bambini.
    Spesso si leggono articoli che spiegano come far diventare i nostri figli resilienti, come crescere bambini resilienti e via dicendo.

    Ma che cos'è esattamente la resilienza?

    La resilienza è l'abilità di affrontare la difficoltà della vita e trovare il modo di riprendersi e crescere (definizione presa dalla scuola dei miei figli).

    La resilienza varia da persona a persona, ma può essere acquisita soprattutto durante lo scorrere degli eventi quotidiani e attraverso il supporto che ci viene dato per affrontare i problemi e gestire le avversità della vita.

    Ho letto alcuni articoli sulla resilienza prima di andare a raccontare la nostra storia alle classi Infants (cioè ai bambini da 4/5 ai 6/7 anni).


    crescere bambini bilingue

    Spiegare concetti astratti a bambini così piccoli non è di certo facile, ci vuole immedesimazione e ci vogliono storie nelle quali riescano a provare empatia per capire ed afferrare il concetto.

    Ho lavorato sulla nostra storia di famiglia italiana all'estero, ho cercato di renderla facile ed interessante provando a far passare il concetto di resilienza e l'importanza per i bambini di avere il supporto giusto nell'affrontare i problemi.

    Mi sono immedesimata nei bambini di 4, 5 e 6 anni, i miei ascoltatori, ed ho scritto una storia semplice per loro.

    L'ho scritta, l'ho ripetuta, l'ho raccontata ai miei figli (tanto per avere qualche aggiustatina nella pronuncia!) e poi ieri mattina mi sono lanciata nel racconto in sei classi.

    Mi sono ritrovata seduta per terra davanti a trenta bambini, in 6 classi diverse.
    Trenta bambini davanti a me, su questi tappeti colorati, con i loro occhioni curiosi che mi fissavano chiedendosi magari "chi è questa?" e pronti ad ascoltarmi per 10 minuti.

    Erano attenti, si vedeva e si percepiva la loro abitudine all'ascoltare storie.


    Ho tirato fuori le mie doti nascoste di storyteller, usando la voce, i gesti e le mie espressioni facciali per raccontargli la storia di una famiglia italiana.

    La storia iniziava con un caloroso e intenso "Once upon a time…" e continuava così:

    C'era una famiglia italiana che viveva all'estero, in Francia: mamma, papà, Paola, Daniele e Lorenzo.
    Sapete dov'è la Francia?

    A questo punto alcuni bambini hanno risposto "sì" altri niente, altri "no" ed allora per far contenti tutti mi ero preparata una piccola mappa dell'Europa per fargli vedere dov'è la Francia e l'Inghilterra e rendere visivamente l'idea delle distanze e di quali paesi si stava parlando.

    Ovviamente ho ben puntato il dito anche sul nostro stivale per far presente che la famiglia della storia era comunque italiana.

    Lorenzo aveva 8 anni e Daniele 6 e frequentavano una scuola francese mentre a casa parlavano italiano. Paola invece non era ancora in età scolastica, ma andava a dei playgroups francesi con la sua mamma.

    Un giorno papà e mamma decisero di trasferirsi in Inghilterra perché il papà aveva ottenuto un buon lavoro e perché era il loro sogno vivere lì.

    I bambini erano preoccupati e spaventati: non sapevano parlare inglese (solo poche parole come hello, thank you…), dovevano lasciare i loro amici, la loro scuola, cambiare città, nazione e impacchettare tutte le loro cose per viaggiare verso l'Inghilterra e iniziare una nuova vita là.

    La famiglia italiana venne ad abitare in una casetta qui vicino così i bambini iniziarono a venire a scuola qui.
    Non avevano amici, non conoscevano la scuola, non conoscevano le maestre e non potevano parlare inglese, non sapevano parlare inglese.

    Come pensate si sentivano?

    Ed è a questo punto che tante piccole manine hanno cominciato ad alzarsi per rispondere alla mia domanda. Hanno detto: tristi, impauriti, spaventati, arrabbiati… Ed era davvero così che si sentivano i miei bambini, ma anche emozionati, ho aggiunto io, perché in tutte le novità che li aspettavano siamo riusciti a fargli vedere il bello e l'emozione per il nuovo.

    Si sentivano persi, terrorizzati e preoccupati per non essere in grado di comunicare e si sono sentiti anche soli.

    E' stato un momento molto difficile per loro.

    Sapete com'è essere in una classe, tutto il giorno, senza capire niente di quello che viene detto intorno a te, di quello che la maestra dice?
    Let's try!

    Ed è a questo punto che ho detto qualche frase ai bambini in italiano, per circa un minuto, parlando normalmente come farebbe una maestra nel parlare ai suoi alunni e come facevano le maestre dei miei figli in classe ed i miei figli non capivano niente.

    L'espressione nei visi dei piccoli ascoltatori è cambiata, alcuni ridevano (credo fortemente che la lingua italiana sia meravigliosa e possa far ridere per la sua musicalità!), altri avevano faccini impauriti (come se stesse parlando una marziana), altri arricciavano il naso come per concentrarsi a cercar di capire. Insomma, avrei voluto riprendere le loro faccine e memorizzarle per sempre!

    In una classe però, mentre parlavo in italiano, una bimba ha cominciato a ridere fortissimo e a gridare "io capisco, io capisco", in italiano.

    Era italiana e con lei il giochetto non ha funzionato. Così ho rifatto il giochetto, ma parlando in francese questa volta e devo dire che i bambini si sono impressionati ancora di più, come se davvero fossi una marziana che se ne usciva con lingue strane. Niente francesi in classe in questo caso!

    Per i miei bambini era difficile all'inizio ed hanno dovuto fare uno sforzo grandissimo per stare a scuola tutto il giorno in questa condizione. Qualche volta hanno avuto voglia di piangere, hanno chiesto ai loro genitori di andare via da lì e magari andare in Italia, dove avrebbero potuto parlare e comunicare con tutti.

    Quando erano tristi parlavano con mamma e papà e questo li aiutava a sentirsi meglio.

    Mamma e papà li hanno aiutati a vedere tutte le cose belle e nuove intorno a loro: i giri in bicicletta lungo il canale e intorno al laghetto, la bellissima scuola in cui sono, le gite a Londra e a Legoland.

    E vabbè, qui in tutte le classi è uscito un tripudio di gioia! Inevitabile!

    Focalizzarsi sulle cose belle, giorno per giorno, ha permesso ai bambini di affrontare le difficoltà e guardare in faccia le sfide.

    Passo dopo passo, giorno dopo giorno, hanno migliorato il loro inglese, grazie ai loro nuovi amici, alle maestre e a mamma e papà. Hanno lavorato duro tutti insieme, era come un bellissimo lavoro di squadra!

    Io sono la mamma di questi tre piccoli eroi, coraggiosi, tenaci e forti e come famiglia siamo sempre stati vicini, supportandoci, ascoltandoci, affrontando le difficoltà insieme e guardando giorno per giorno ai nostri piccoli passi verso il miglioramento e la riuscita.

    Se incontrate Paola, Daniele e Lorenzo a scuola provate a chiedergli com'è andata, perché questa è una storia vera!

    Adesso che riscrivo questa storia e ripenso a quello che può aver insegnato ai bambini che mi hanno ascoltato, rifletto anche a quanto realmente tutta questa semplice e, allo stesso tempo, complessa storia abbia dato ai miei figli.

    Proprio stamattina sono andata a scuola ad assistere all'assembly di Daniele e come una sciocca mi sono ritrovata con le lacrime agli occhi.

    Perché?

    Perché il tema dell'assembly era "il coraggio" e lui mi ha stupito con la sua sicurezza, il suo saper stare sul palcoscenico, quando fino all'anno scorso faceva di tutto per nascondersi dietro agli altri e non spiaccicava una parola, non cantava le canzoni e teneva le spalle basse per timore, timidezza e magari paura.

    Oggi era deciso, sicuro, fiero di sé, ha cantato a testa alta, guardando avanti, sorridendo, sentendosi a suo agio ed io ho provato quel brivido incredibile che attraversa il corpo delle mamme nel momento in cui realizzano quanto è stata dura, quanto è stato difficile e quanto è bello essere arrivati fin qui.

    Ci vuole coraggio nella vita, questo i miei figli lo hanno imparato sulla propria pelle ed anche se certe volte i problemi e le difficoltà fanno paura, bisogno guardarle dal verso giusto e cercare di vedere oltre.

    Quel "oltre" è il passo in più che facciamo di crescita, il nostro diventare più resilienti e prepararci ad affrontare altre difficoltà, altri ostacoli.

    Credo che ai miei piccoli ascoltatori sia passato il messaggio di "non mollare", di vedere il bello e di appoggiarsi a mamma e papà, alla maestra, ai nonni, a un amico, quando si ha paura, quando si crede di non farcela, e loro saranno lì ad aiutarti, a sostenerti.

    P.S.: questa mattina ho ricevuto la mail della vicepreside che mi ringraziava per il tempo dedicato alle classi e dicendo che tutti sono rimasti colpiti dall'italiano!


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